il manifesto - 30 Aprile 2003
Il sindacato di polizia: chiudere il cpt di Bologna
SARA MENAFRA
A mettere in discussione l'esistenza del centro di permanenza per immigrati di Bologna questa volta sono gli stessi agenti di polizia. Dopo l'arrivo lunedì mattina di tredici avvisi di garanzia per il pestaggio avvenuto nel cpt la notte fra il 2 e il 3 marzo, sia il Siulp, il principale sindacato di polizia, che l'Uilps hanno attaccato duramente la struttura nata un anno fa nella ex sede della caserma Chiarini. Secondo i sindacati, il pestaggio da cui sono usciti contusi tutti gli ospiti del centro, due dei quali sono rimasti feriti gravemente, segnala l'«assurdità di strutture di questo tipo». «Avevamo detto fin dalla sua apertura che a Bologna non c'erano le condizioni organizzative per gestire una struttura come quella prevista dalla Bossi Fini - attacca la segretaria del Siulp di Bologna Rita Parisi - un aborto giuridico insensato che non è un carcere ma non è neppure una struttura di accoglienza e dove gli agenti arrivano impreparati a gestire conflitti e tensioni». Il segretario del sindacato di polizia Uil-Ps, Michelangelo Starita, si spinge anche oltre e chiede «la chiusura di queste strutture che oltretutto sono una vergogna per un paese civile come l'Italia». Entrambi i sindacati, poi, lamentano la scarsa chiarezza sulle responsabilità degli agenti di polizia rispetto a queste strutture: «Ci dicono che non è un carcere ma poi nei compiti degli agenti c'è quello di impedire la fuga. Bisogna chiarire quali siano le competenze e le mansioni degli agenti che lavorano in queste strutture» dicono entrambi i rappresentanti. Il Sap, sindacato autonomo di polizia particolarmente vicino alla destra, ha annunciato una manifestazione per lunedì pomeriggio e già da ieri ha iniziato a distribuire un volantino in cui accusa la questura di Bologna di «colpevole latitanza». Il segretario Gianni Tonelli ha dichiarato di avere piena fiducia nell'operato della magistratura, ritenendo «responsabile della situazione esclusivamente il livello gestionale della questura».

Gli avvisi di garanzia arrivati lunedì mattina potrebbero essere il preludio all'incidente probatorio. I nove immigrati che hanno presentato le denunce saranno chiamati a riconoscere gli autori delle lesioni subite davanti al giudice. Da quel momento in poi c'è il rischio che vengano reimpatriati senza poter assistere al processo. Secondo la Bossi Fini, infatti, a decidere della loro sorte dovrebbe essere la stessa questura. La vicenda del pestaggio ha coinvolto direttamente anche gli esponenti politici locali. Titti De Simone (Rifondazione comunista), che insieme a Katia Zanotti era entrata nella struttura due giorni dopo il pestaggio, ha espresso piena fiducia nell'operato della magistratura: «Mi auguro che sia fatta al più presto luce sulle responsabilità di quei pestaggi».

L'avvocato Filippo Berselli, sottosegretario alla difesa ed esponente di Alleanza nazionale, ha invece annunciato che difenderà gratuitamente gli undici agenti accusati.