il manifesto - 20 Marzo 2003
BOSSI
Cacciare i profughi
«Non li vogliamo, stiano in Iraq», dice la Lega. Il Sismi: ci sono kamikaze
A. D.
«Stiano a casa loro. Qui non li vogliamo». E' semplice e chiara la ricetta elaborata ieri mattina da Umberto Bossi, ministro della repubblica italiana, per fronteggiare le ipotesi che vedono nel prossimo futuro una fuga di massa della popolazione irachena e kurda davanti agli orrori della guerra. Che sia una ricetta gretta, rozza e inumana poco conta: Bossi non si intende di armi e di bombe intelligenti, ma capisce che produrranno profughi, e che ai suoi lumbard della guerra non gli frega niente ma dei profughi sì. Per questo il suo fuoco di sbarramento è violentissimo: «Tutte le guerre creano profughi, anche quando D'Alema e la sua banda fecero la guerra in Kosovo si prevedeva l'arrivo di un milione e mezzo di profughi in Italia. Quello che deve essere chiaro è che noi i profughi non li vogliamo. La sinistra li vuole, ma noi no». Per giunta questi sarebbero profughi islamici, e com'è noto «la Padania è da millenni il baluardo dell'occidente contro l'Islam. Li combattiamo da migliaia di anni». E' la posizione del governo? Parrebbe di sì, visto che un altro autorevole ministro della repubblica, Roberto Castelli, va subito dietro a Bossi: «E' chiaro che l'Italia non può sopportare sbarchi come è accaduto soprattutto la scorsa estate ed è necessario che tutta l'Europa si faccia carico del problema dei profughi. Finora l'Italia ha sopportato il peso quasi totale degli sbarchi clandestini». E' solo un problema di Lega? No, anche il capogruppo di An alla camera, Ignazio La Russa, interviene per garantire ai lumbard che «la comunità internazionale attuerà un grande sforzo affinché i profughi vogliano, preferiscano rimanere a casa loro». Sotto le bombe è meglio.

«Tragiche sciocchezze», come le chiama Livia Turco: al punto che deve persino intervenire il vicepresidente del consiglio Gianfranco Fini a dire che «un paese come l'Italia deve sapersi assumere le sue responsabilità». Ma resta fin troppo forte l'idea che il governo in realtà non voglia nemmeno prendere atto di quello che i suoi amici americani stanno per produrre come «effetto collaterale» della loro guerra.

Del resto, era tutto scritto: poche settimane fa uno studio del ministero dell'interno prevedeva l'arrivo in Europa occidentale, in gran parte passando dall'Italia, di una nuova, poderosa ondata di profughi dall'Iraq - un milione, forse anche di più, come ovvia conseguenza della guerra che già si prevedeva certa. La risposta che il ministero stesso annunciava allora era disarmante: moltiplicare i centri di detenzione e, intanto che verranno costruiti, affidarsi alla provvidenza. E visto che di quest'ultima non ci si può fidare troppo, dati anche gli anatemi del Vaticano, ecco la soluzione «politica» elaborata dal ministero della difesa, tramite i suoi servizi segreti: il Sismi ha fatto sapere martedì sera (giusto in tempo per offrire spunti a Bossi, e giustificare un ulteriore giro di vite sull'accoglienza e sul diritto d'asilo) che in mezzo a quel milione di profughi o quanti ne saranno, è probabile si annidino dei kamikaze. Uomini con le cinture esplosive pronti a farsi saltare sulla metropolitana di Milano? No, ovviamente: a leggere bene il rapporto si scopre che il Sismi presume che in quel milione di sventurati ci possano essere anche dei «fanatici» che una volta da noi potrebbero essere contattati dalla rete terrorista di al Qaeda ed eventualmente farsi usare per attentati suicidi. Ma tant'è, questo basta a negare a tutti lo status di rifugiati - in Iraq arriva la democrazia, no? dunque perché fuggire?

Resta da chiedersi come mai il governo accetti, come la pioggia o il sole, che in Italia resti tranquillamente operante «la rete di al Qaeda»; e come concretamente conti di impedire l'arrivo di un milione di potenziali kamikaze, visto che nonostante tutto non riesce a impedire un continuo aumento del flusso di clandestini «normali».