il manifesto - 16 Marzo 2003
Usa, la paura va in moschea
I musulmani che vivono negli Stati uniti sono oggetto di una campagna di criminalizzazione. Rischiano di seguire la stessa sorte dei civili giapponesi rinchiusi in campi di prigionia durante la seconda guerra mondiale
TONI MARAINI
Negli Stati Uniti, la comunità musulmana ha paura. Un rapporto della Human Rights Watch ha documentato nell'ultimo anno centinaia di casi di discriminazione, minacce, attacchi e aggressioni violente a persone, proprietà o luoghi di culto musulmani. In California un movimento antirazzista ha diffuso un poster con foto sorridenti di persone identificabili come musulmani e la scritta «Noi non siamo il Nemico». Ma i media lasciano «planare una nube di sospetto su tutti gli Arabi e i musulmani» e l'osservatorio per i diritti umani Race Watch parla di una crescente `demonizzazione mediatica' (media demonisation). Suprematisti Bianchi e noti televangelisti predicano a tutto spiano contro l'Islam il cui profeta sarebbe, secondo Jerry Vines della Southern Baptist Churh, un «pedofilo indemoniato». Questo clima accompagna l'applicazione di nuove leggi e procedure a riguardo degli «immigrant and nonimmigrant aliens». In dicembre l'INS (Immigration and Naturalization Service) ha stabilito una lista di 25 paesi - tutti musulmani ad eccezione della Corea del Nord - i cui cittadini maschi al di sopra dei 16 anni sono stati invitati a presentarsi ai servizi di competenza. Il 19 dicembre, il giornale The Indipendent denunciava: «Arresti di massa d'immigranti musulmani in California». Nella manifestazione di protesta organizzata a Los Angeles dalla American Civil Liberties Union si leggevano questi cartelli: «Cosa verrà dopo, i Campi di Concentramento?» o «Arrestate i terroristi, non innocenti immigrati». La campagna di controllo, iniziata in California, è ancora aperta e procede in altri Stati. Secondo i rapporti delle associazioni per i diritti umani, i musulmani che si sono presentati spontaneamente a migliaia sono stati «vigorosamente» interrogati, molti sono stati espulsi e deportati, in alcuni casi anche allorquando avevano un lavoro, o uno dei genitori o dei figli e delle consorti di nazionalità americana, o erano in regola. Circa 1200 (2000, secondo la American Civil Liberties Union) sarebbero detenuti senza notifica d'accusa e a tempo indeterminato. Secondo alcune associazioni vi sarebbero persone «scomparse» o «disperse». Nell'articolo «Ominous sequel to Patriot Act», Nat Hentoff, sul Village Voice (28/02), evoca l'Argentina dei «desaparecidos». La INS Watch di San Francisco ha lanciato la campagna Stop the disappearances! (Basta con le persone scomparse). Altre migliaia di cittadini «di ascendenza Araba o musulmana» sono stati convocati dall'FBI.

In un recente comunicato, l'American Arab Anti-Discrimination Committee invita la propria comunità a dar prova di calma e responsabilità, e avverte: «la nostra comunità sta diventando sempre più vulnerabile». Il sentimento d'insicurezza dei musulmani d'America può sembrare paradossale allorquando milioni di Americani comprano maschere anti-gas e montagne di nastri adesivi e tele di plastica per isolarsi nelle proprie case nel timore di un'invasione o di un attacco atomico, o chimico, da parte di musulmani. Qui si sta «vendendo» irragionevole paura, protesta Gore Vidal. E gli storici ricordano precedenti paure collettive di una invasione degli Stati Uniti attribuita, di volta in volta, ai Papisti Cattolici, ai Comunisti, ai Sovietici, a un Complotto ebreo, ai Massoni o agli extra-terrestri. I timori dei musulmani sono più tangibili e concreti. Una recente intervista del Village Voice di New York a Sin Yen Ling, che si dedica ad assistere legalmente gli immigrati «più indesiderati d'America», denuncia le condizioni di detenzione di centinaia di musulmani senza assistenza legale, contatto con le famiglie e notifica d'accusa. Basta essere Arabo o musulmano per essere designato colpevole? chiedono le numerose associazioni americane che si sono coraggiosamente e democraticamente mobilitate, e oggi si oppongono alle nuove recenti disposizioni che minacciano le libertà di tutti i cittadini.

A riguardo della campagna dell'INS, dei giornali citano il direttore della Homeland Security Initiative dell'area di Washington, Phil Anderson, secondo il quale «è poco probabile che un vero terrorista si presenti a questa campagna di registrazione (...) che non sembra essere la maniera giusta per snidare le persone pericolose». A monte della campagna stanno le leggi anti-terrorismo varate dopo l'11 settembre. «Non si tratta di trovare persone pericolose - obietta polemico sul Daily News un giovane esule iraniano che risiede legalmente in Olanda e che si trovava negli Stati Uniti con visa di turista al momento del controllo dell'INS -, io non ho nulla a che fare col terrorismo! Qui sta succedendo quello che è accaduto negli anni `30 in Germania agli Ebrei». Molti temono che quando inizierà la guerra contro l'Iraq i musulmani che si trovano negli Stati Uniti, anche quelli non iracheni, possano essere considerati tutti «nemici». Uno scenario (e non il peggiore) presume che potrebbero trovarsi nella stessa posizione dei Giapponesi d'America dopo Pearl Harbor nel febbraio 1942. Un rapresentante del Congresso dichiarò allora «disfaciamoci dei giapponesi!»; l'esercito ricevette l'Ordine esecutivo 9066 di deportarli in campi di detenzione e togliere loro i diritti civili. Una pagina di storia meno nota rivela che furono internati anche centinaia di italiani d'America. Il rappresentante repubblicano al Congresso, Howard Coble, ha recentemente dichiarato legittimo un internamento degli Americani d'origine araba. La sua dichiarazione ha provocato sgomento e la vigorosa protesta della Human Rights Watch.

Lo stato di «alta allerta» assillante e capillare diffuso dai media non placa gli animi. E neanche la richiesta fatta ai cittadini di denunciare chi sembra loro sospetto. Il «fai da te» della sicurezza rischia di incoraggiare una deriva inquisitoriale e aumentare gli hate crimes (attacchi dei gruppi estremistri di destra in nome dell'odio razziale, etnico o religioso). Il 15 febbraio un messaggio televisivo esortava tuttavia i cittadini americani a non avere timore dato che - veniva precisato - i controlli «riguardano soltanto certa gente di un certa tipologia (profile) etnico-culturale». Cioè, soltanto coloro che corrispondono a un dato «racial profile». Concetto pericoloso, fermamente denunciato come contrario agli emendamenti 4 e 14 della Costituzione americana. E concetto incerto data la multifome tipologia razziale dei musulmani. Essi verrebbero in ultima ratio designati sulla base della religione trasformando la legittima individuazione di eventuali terroristi in una maccartyana «caccia alle streghe». E poiché non tutti gli Arabi sono musulmani, esiste anche l'espressione «persona di apparenza medio-orientale». Quando, nel 1995, un attentato distrusse il Murrah Building di Oklahoma facendo 168 vittime, i media scrissero che «due medio-orientali» erano stati intravisti nelle vicinanze dell'attentato. Fu poi provato che l'attentato era opera di Timothy McVeigh, legato alle Milizie paramilitari neo-nazi e al fondamentalismo dei Suprematisti Bianchi. Anche quando sorse la minaccia dell'antrace, e prima che l'inchiesta s'arenasse sulla pista interna, si parlò di uomini «dall'apparenza medio-orientale». Questa fretta nell'individuare indiscriminatamente «il Nemico» in un Satana semita-orientale rischia di confondere le piste e alterare la ragionata e necessaria lotta contro il terrorismo islamico e non? Se consideriamo quanto hanno sempre dichiarato in sermoni, libelli, volantini e news-letters gli ormai ben diffusi movimenti paramilitari americani (Milizie e Survivalists), i Suprematisti Bianchi, il televangelismo e i fondamentalisti dell'estrema destra (Comitatus Posse, K.K.K., Christian Identity e altri ancora), e se consideriamo la lunghissima lista, spesso taciuta, dei loro crimini, delle loro «azioni», delle loro minacce apocalittiche di genocidi e attentati nonché, come ricorda uno stuolo di ricercatori, il loro arsenale di armi e materie chimiche, sembrerebbe di sì. L'attuale clima di «crociata» rischia di aumentare i pericoli d'ogni terrorismo. E gli hate crimes contro Arabi e musulmani. Lo scorso gennaio, il tabloid The Sun citava in copertina un Survivalist» Bianco d'estrema destra per il quale «Armagheddon e la lotta finale contro il Satana anti-Cristo da schiacciare avrà luogo nel 2003». È superfluo aggiungere che, nelle illustrazioni, Satana aveva un pronunciato «look medio-orientale».