il manifesto - 10 Dicembre 2002
PARIGI
Il grande business, il ghetto e il «cibo impuro»
Due musulmani comprano un supermercato e smettono di vendere carne di maiale e alcolici. Ma la gente si ribella
ANNA MARIA MERLO
PARIGI
Una signora anziana mostra l'affettato di tacchino e di pollo e sospira: «Bisogna arrangiarsi con quello che c'è». Un signore invece protesta con forza: «E' mai possibile che quando uno torna dal lavoro non possa comprare una bottiglia di vino? E' vero che c'è un altro supermercato, un Carrefour, ma è a 10 minuiti di qui e la sera uno non ha voglia di correre». L'iniziativa dei due fratelli Djaiziri, che da poco hanno rilevato in franchising il grande magazzino alimentare Franprix a Evry, alla periferia di Parigi - 700metri quadrati di superficie di vendita - ha messo in subbuglio il quartiere popolare delle Pyramides: i nuovi proprietari hanno deciso di bandire dal Franprix la carne di maiale in tutte le sue forme e gli alcolici, vino compreso, in nome del rispetto delle regole di vita dell'islam. In compenso, hanno ottenuto la certificazione per vendere carne «halal», concessa da Avs, un organismo legato alle istituzioni musulmane. E chi vende carne «halal» non ha il diritto di commerciare contemporaneamente carne di maiale. Il sindaco di Evry, il socialista Manuel Valls (ex portavoce di Lionel Jospin) è furioso. Ha scritto una lettera di fuoco ai fratelli Djaiziri e ha chiesto spiegazioni alla direzione di Franprix, che è una grossa catena, con più di 300 supermercati in Francia, che concede l'insegna in franchising. Per Valls, la scelta dei frattelli Djaiziri significa trasformare a grande velocità il quartiere delle Pyramides in un ghetto. «Se anche il Franprix si specializza - spiega Valls - è il segno che allora per tutti coloro che non mangiano halal è meglio lasciare il quartiere. Se non facciamo niente, se accettiamo un passo supplementare nella specializzazione, il quartiere diventerà un ghetto». Valls ha ingiunto al Franprix di «ristabilire il funzionamento normale del magazzino nel più breve tempo possibile». In caso contrario, il sindaco minaccia: «nei prossimi giorni utilizzerò tutti i poteri di polizia di cui dispongo».

In realtà, un sindaco non può imporre a un supermecato di vendere determinati prodotti, ma può rendere la vita impossibile ai nuovi proprietari, moltiplicando i controlli di igiene e sul rispetto delle norme di sicurezza. La legge, invece, non dice nulla sulla vendita di carne di maiale e di alcolici, anche se nei quartieri popolari considerati «sensibili» i negozi chiudono uno dopo l'altro, mentre anche i servizi pubblici (come la Posta) cominciano a disertare le zone più difficili. Invece, la società Franprix, che appartiene al gruppo Opera-Casino, uno dei più potenti di Francia nei supermecati, potrebbe obbligare i gestori a vendere tutti i prodotti commercializzati dal gruppo.

La Francia, a differenza dei paesi anglosassoni, non riconosce il comunitarismo. Per questo motivo la decisione dei fratelli Djaiziri sta suscitando una grossa polemica, in un paese dove vivono 5 milioni di musulmani. Esistono, in effetti, molte macellerie «halal» in Francia - ce n'è una anche a fianco del Franprix delle Pyramides, e il proprietario, tra l'altro, non è per nulla entusiasta della concorrenza del supermercato. Ma si tratta sempre di piccoli negozi a conduzione familiare. Non era mai successo che un grande magazzino appartenente a una catena conosciuta di supermercati facesse una scelta «comunitaria». Il sindaco è preoccupato dalla ghettizzazione di alcuni quartieri. La tendenza è forte, anche perché il nuovo governo ha deciso di abolire l'imposizione fatta ai comuni francesi di ospitare sul loro territorio almeno un 20% di case popolari. Le città ricche espelleranno delle categorie di popolazione, che andranno a concentrarsi nei quartieri già considerati difficili, dividendo il paese in aree etniche.