il manifesto - 01 Dicembre 2002
Diritti contro i centri
25 mila in corteo Il movimento dei movimenti torna in piazza per assediare il centro di corso Brunelleschi e chiederne la chiusura. Con loro la Cgil e anche qualche diessino, partito che aveva ideato queste strutture. Slogan e striscioni contro la Bossi-Fini
LUCA FAZIO
INVIATO A TORINO
Anche a Torino un'altra manifestazione è possibile. Il motore «disobbediente» senza fare rumore ha ingranato la quinta muovendo un corteo che ha saputo stare sulla piazza in maniera intelligente e inedita in una città difficile, dove prevalgono forme di protesta più istituzionalizzate. E ha del miracoloso che un fatto così nuovo si sia verificato per chiedere la chiusura, o perlomeno per urlare la vergogna, dei centri di detenzione per stranieri. Ieri sera, di fronte alla prigione di corso Brunelleschi, 25 mila persone hanno assediato una delle tante enclave del non diritto sponsorizzate da due governi di segno opposto. Persone e sigle molto diverse che per un giorno, come recitava un lenzuolo appeso su un balcone di fronte alla prigione, hanno marciato insieme con in testa l'idea che «Siamo tutti passeggeri del mondo». Diverse quanto? Per fare un esempio, contro i centri di detenzione si è schierato anche Pino De Maria, un quasi sconosciuto, se non fosse che è il presidente dell'Ascom (cuore democristiano, portafoglio dell'associazione commercianti). Dunque non solo quelli che è lecito aspettarsi: Prc, Comunisti Italiani, Social forum, Disobbedienti, Arci, centri sociali e varie associazioni... E che tutti abbiamo il diritto di transitare per il mondo se ne è reso conto anche chi, troppo a lungo, è stato assente ingiustificato. Come la Cgil, ieri finalmente al gran completo. E qualche esponente Ds, «con il mal di stomaco». Ma prima di tutto lo sa, per esperienza, uno come Taueike, 30 anni, un marocchino dall'aria vissuta. «Io sono stato dentro a Lampedusa, ho tentato di fare lo sciopero della fame, mi hanno pestato». Il corteo è loro. Si divertono. E ognuno lo comunica come può. Ballando. O come Mohamed, per esempio, quando esce dal gruppo per spruzzare una scritta in arabo; un distinto torinese gli si avvicina per sapere cosa vuol dire: «Dio è grande». Abbozza un sorriso, anche se, col manifesto in tasca - diffuso da uno sciame di giovanissimi - il signore, forse, avrebbe preferito un'altra spiegazione. E allora a ruota si stacca anche Mihai, un ragazzo rumeno, per scrivere con lo spry «Drepturi egale» («Diritti per tutti»).

Uno striscione, curiosamente in bianco e blu come un'insegna della polizia di stato, porta la scritta «Liberi tutti». Bene, ma allora perché dirlo solo adesso? Maurizio Poletto è segretario della Cgil di Torino. «Il fatto importante è che oggi siamo tutti insieme, forse prima i compagni ritenevano che i tempi non fossero maturi. Ma in questo ultimo anno la Cgil ha fatto passi avanti importantissimi, senz'altro questi centri non li abbiamo criticati abbastanza». Passa un gruppo di stranieri con la valigia di cartone: «Espulso». Anche Marisa Suino, consigliere regionale diessina, parla dei «compagni» anche se in questo caso non li riconosce più. «Era evidente che quell'infelice pensata della legge Turco-Napolitano, una volta perse le elezioni, si sarebbe inserita nell'orrenda cornice della Bossi-Fini. Al sindaco Chiamparino dico che prima di parlare dovrebbe vederlo il centro di corso Brunelleschi: è un lager. I miei compagni di partito devono mettere da parte l'orgoglio e ammettere che è stata una scelta sbagliata: sono da chiudere». Spinto su una carrozzella da una colf nera, passa un Bossi rimbabito di gommapiuma. Lo spezzone «disobbediente» è solo una parte del corteo, anche se è la più lunga e incasinata. La samba che esce dalle casse - altro fatto inedito a Torino - fa ballare anche gli operai della Fiom, ma la loro bandiera non fa una piega. Il gruppo Pink bisognerebbe fermarsi a guardarlo come si fa al carnevale di Rio. Niente scritte, ma una macumba indiavolata con passi sincronizzati che coinvolgono anche tutti gli spettatori dei piani alti (in alcuni palazzi: un balcone, una famiglia). I muri vengono utilizzati per rintuzzare la memoria. Dispiace per Livia Turco ma è la sua legge che nessuno proprio riesce a dimenticare. Ma con lo spray si va anche più lontano: «Savoia clandestini». Perché tante donne dietro lo striscione «Cittadine del mondo»? Perché «l'esigenza di fare rete per evitare l'atomizzazione dei percorsi oggi è sentita più che pensata a tavolino». E' tutto bellissimo per Laura Spezia, segretario della Fiom Piemonte: «Un corteo incredibile, ormai la battaglia per i diritti va giocata a tutto campo». Uno del Toro esibisce la sciarpa: «Odio la Juve». Applausi.

E' buio quando il corteo sbatte contro un muro di quattro metri protetto da un cordone di poliziotti. Sembrerà strano ma è proprio lì davanti che tutti trovano (per rubare la battuta allo striscione più bello) «un centro di libertà permanente».