il manifesto - 28 Novembre 2002
«Aprite quelle sbarre»
I parlamentari di centrosinistra denunciano lo scandalo dei centri di permanenza temporanea. Il ministro Pisanu plaude all'espulsione di più di mille immigrati «in quindici giorni»
CINZIA GUBBINI
ROMA
Ieri il ministro degli interni Pisanu ha reso noti i nuovo dati dell'operazione di polizia «Vie libere» (per la terza volta data per «conclusa») che ha portato in 15 giorni all'espulsione di 1.324 stranieri e all'arresto di 117. Per il rimpatrio di alcuni di loro il 15 novembre sono stati utilizzati ben 7 voli charter. Impossibile capire, dal ministero degli interni, di che nazionalità fossero gli immigrati, dove sono stati fermati, se tutti sono stati accompagnati alla frontiera o se alcuni di loro hanno ricevuto solo l'intimazione all'espulsione. Insomma, 1.324 persone cancellate, insieme alle loro storie. Rimane il plauso del ministro Pisanu che assicura di voler contrastare «con il massimo rigore» l'immigrazione clandestina. Stesso tema nella conferenza stampa convocata ieri dai parlamentari di centrosinistra (Ds, Verdi e Rifondazione) che hanno visitato nei giorni scorsi i centri di permanenza temporanea (cpt) in vista della manifestazione nazionale di sabato a Torino e dei presìdi che si svolgeranno contemporaneamente a Lecce e Agrigento, lanciati dal Tavolo migranti dei Social forum per chieder la chiusura di queste strutture. Anche qui, nelle parole delle persone che hanno visitato i centri, aleggia il dramma delle centinaia di biografie cancellate dall'impenetrabilità dei cpt. «C'è quell'odore di detersivo misto a minestrone che è tipico delle istituzioni totali come carcere e manicomio», non può fare a meno di notare Silvana Pisa, parlamentare dei Ds che ha visitato il cpt romano di Ponte Galeria. «A Brindisi non possono più giocare a calcio, perché ci sarebbero stati degli incidenti durante le partite. E neanche possono guardare la televisione, anche con la televisione pare ci siano stati problemi», racconta il parlamentare di Rifondazione Alfonso Gianni. Ancora peggio è leggere le relazioni delle persone che hanno accompagnato i deputati, e che ieri sono stati distribuite alla Camera. Da Bologna, in poche pagine dattiloscritte, arrivano flash raccapriccianti su quello che vuol dire la quotidianità nei cpt. Alle parlamentari Titti De Simone (Prc) e Katia Zanotti (Ds), e alle due ragazze a cui è stato permesso entrare come «collaboratici delle parlamentari» (l'ingresso nei centri, infatti, deve essere contrattato con la prefettura), il direttore della Croce rossa che gestisce il centro racconta che i «malati infettivi» vengono immediatamente rimessi in libertà per «incompatibilità di convivenza». Vengono portati in un ospedale? No, vengono proprio rilasciati con un foglio di espulsione, perché neanche gli ospedali vogliono curarli. E dalla relazione sulla visita del centro di Lamezia Terme condotta dalla deputata del Prc Graziella Mascia, si apprende che almeno quattro stranieri avevano bisogno di cure immediate. La cooperativa sociale «Malgrado tutto» che gestisce il centro e il viceprefetto hanno spiegato ai visitatori che ci sono un po' di problemi con l'assistenza sanitaria, perché non esistono convenzioni ad hoc. Il deputato dei Verdi Paolo Cento, che ha visitato il cpt di Torino, denuncia invece che ai tossicodipendenti viene negato il metadone «e probabilmente si fa uso di psicofarmaci».

Testimonianze preoccupanti, e da un certo punto di vista scontate. Come potrebbe funzionare diversamente un luogo che, in quattro anni di sperimentazione, ha dimostrato l'inutilità della sua esistenza? I dati parlano chiaro: nessun cpt si è rivelato utile a rendere «efficaci» le espulsioni. Sempre di più, invece, nei cpt si riscontra la reclusione di categorie di persone con problemi di esclusione sociale: prostitute, tossicodipendenti, ex detenuti. E scandalosamente fumoso è anche il business che ruota attorno ai cpt. Quanto costano e, soprattutto, chi ci guadagna? «I cpt sono carceri etniche, la prima sperimentazione di privatizzazione del sistema carcerario - denuncia Stefano Galieni del Tavolo migranti - sono dei veri e propri mostri dal punto di vista giuridico, al loro interno non vengono rispettati i diritti umani e civili». Insomma, i cpt devono chiudere. Una richiesta chiara, e senza compromessi, a cui aderiscono anche l'Arci e la Cgil nazionale che in un documento definiscono i cpt: «luoghi di negazione dell'uguaglianza fra gli uomini».

«E' dal 1998, quando i cpt furono istituiti con la Turco-Napolitano, che denunciamo questa situazione - ha ricordato il senatore del Prc Giovanni Russo Spena - si tratta di luoghi in cui vengono colpite precise categorie di persone, senza colpire il reato, quello della clandestinità, che è un reato amministrativo». Da quattro anni, a intermittenza, si cerca di porre fine allo scandalo dei cpt. Ora, dopo l'approvazione della Bossi-Fini che aumenta il trattenimento da 30 a 60 giorni, c'è da registrare un dato in più: anche all'interno dei Ds, fautori della legge Turco-Napolitano, iniziano a serpeggiare interrogativi sempre più pressanti sull'opportunità di tenere in piedi strutture di questo tipo: «Con la Bossi-Fini la gestione di questi centri è sempre più difficile - ha notato la deputata Katia Zanotti - la sospensione della condizione giuridica dell'immigrato è sempre più insostenibile».