il manifesto - 27 Novembre 2002
Centri di permanenza temporanea, scandalosi nuovi lager per i più infelici
Nuovo Cpt nell'Emilia già «rossa»
Due nigeriane senza documenti sono le prime «ospiti» del centro di sant'Anna. Voluto dal comune di centrosinistra, contro il presidente della regione, il vescovo e il Forum sociale modenese
SARA MENAFRA
BOLOGNA
Le voci sulla possibile apertura del Cpt di Modena si rincorrevano da giorni. Poi lunedì sera è arrivata la conferma definitiva: due ragazze nigeriane di 20 anni sono state portate nel centro perché sprovviste di documenti. Immediata è arrivata anche la dichiarazione della questura: «Da questa settimana il Cpt Sant'Anna è in funzione. Per ora la capacità di accoglienza è limitata, ma entro gennaio la struttura andrà a regime e sarà in grado di ospitare 20 persone su una capienza massima di 60». A riprova del fatto che i Cpt «non sono carceri» questo centro di detenzione si trova proprio accanto alla casa circondariale di Modena, ai confini con il quartiere sant'Anna. E' composto di sei unità abitative da dieci persone sviluppate tutte a pianterreno: ogni unità è dotata di due o tre stanze da letto, un bagno, una stanza comune e un piccolo giardino. Al primo piano si trovano invece gli uffici della polizia e di quel piccolo caso di conflitto di interessi locale che rappresentano gli operatori sociali che hanno vinto l'appalto: la confraternita della Misericordia, infatti (che ha ottenuto un finanziamento ministeriale di due miliardi di lire annui) è presieduta da Daniele Giovanardi, fratello del più noto ministro dei rapporti con il parlamento. A una settimana dalla manifestazione nazionale contro i Cpt di Torino, la nuova struttura carceraria per immigrati privi di permesso di soggiorno completa il quadro dei centri presenti in Emilia Romagna, dopo neppure sei mesi dalla nascita dell'omologo bolognese. A volere con forza la sua apertura è stata soprattutto la giunta comunale di centrosinistra (Margherita, Ds e Verdi) che pur di avere un Cpt tutto per sé ha affrontato i dissensi via via sempre più forti della sinistra locale e regionale. Primi fra tutti quelli del Forum sociale modenese, che lunedì sera ha organizzato una fiaccolata di protesta davanti alla struttura inaugurata di fresco e per tutto lo scorso anno aveva fatto sentire la sua voce con assemblee e manifestazioni. Poi quelli del presidente delle regione Emilia Romagna, Vasco Errani, che da mesi ripete che «queste strutture, per come vengono concepite all'interno della legge Bossi-Fini, sono del tutto inaccettabili». Finanche il vescovo, monsignor Benito Cocchi, che oltre a reggere la curia locale è anche il presidente nazionale della Caritas, ha lanciato invettive di fuoco contro la Bossi-Fini facendo sapere, seppur in via informale, di essere contrario all'apertura di un centro a Modena.

Le ragioni della scelta controcorrente della giunta modenese sono tutte nella fobia anti-criminalità che alcuni anni orsono avevano attraversato la tranquilla cittadina emiliana. Durante l'autunno del 1999 prima la confederazione degli artigiani, Cna, e poi l'associazione «Vivere sicuri» (entrambe vicine ai Ds) organizzarono campagne e raccolte di firme chiedendo interventi più duri contro la criminalità locale. «In quel periodo i modenesi vivevano un senso pesante di frustrazione e sfiducia perché i criminali e gli spacciatori, di cui tutti conoscevano le attività, ogni volta che finivano in questura venivano rilasciati in breve tempo», ci spiega il sindaco Giuliano Barbolini. Il questore di allora, Oscar Fioriolli, trovò il modo di far quadrare il cerchio: accordandosi con i gestori dei Cpt già in funzione con la Turco-Napolitano era possibile far scontare almeno 30 giorni ai «delinquenti» ed eventualmente rintracciare i paesi di provenienza per provvedere all'espulsione (ora i giorni sono 60). «Questa struttura non servirà ad arrestare coloro che vengono clandestinamente a cercare lavoro in Italia - prosegue il sindaco di Modena - Loro in un Cpt non devono neppure metterci piede, anzi devono essere sostenuti nella loro ricerca». Peccato però che a stabilire che i piccoli reati debbano essere puniti con la carcerazione immediata oppure no non dovrebbero essere le amministrazioni locali e che le leggi che istituiscono i Cpt di questa eventualità non parlino proprio. «Io non so se sia un problema di disfunzione del sistema carcerario italiano - conclude il sindaco - ma ho fiducia che il nuovo Cpt sarà utile per risolvere il problema della delinquenza. Se non sarà così sarò io il primo a prendere i cartelli e scendere in piazza».