Dal Marocco a piazza Esedra
"Sto rinnovando
il permesso, ma magari sono
già clandestino e non lo so".
La fatica di vivere
da immigrato raccontata
da Mohammed. In Italia
non solo per fare l'operaio
CINZIA GUBBINI -
ROMA
Laureato e operaio, in Italia sfacciatamente "per fare
politica", marocchino catapultato a Brescia solo da un anno,
Mohammed. E' dalla sua voce coperta dai fischietti assordanti
venduti a "un euro", in un lungo viaggio a piedi in compagnia di
una comitiva agguerrita, che ascoltiamo cosa vuol dire essere
migrante; catapultati noi dall'altra parte.
Berretto calato sugli occhi, lunga giacca di velluto e pelliccia
"se mi incontri per strada magari pensi che sono uno
spacciatore". Effettivamente Mohammed non ha una fisionomia
rassicurante "e invece pensa un po' sono laureato in letteratura
e giurisprudenza". Mohammed ha perso il treno, è arrivato in
ritardo. Il corteo contro il ddl Bossi-Fini già trabocca da
piazza Esedra. "Roma la conosco bene, abitavo a Fregene vicino al
mare. Tre mesi bellissimi".
Mohammed festeggia un anno da quando ha ottenuto dall'ambasciata
del Marocco un visto per "inserimento lavorativo". "Mi ero
proprio stufato del Marocco - racconta - per tanto tempo sono
stato un militante, ora il mio partito è entrato nel governo. Ma
so che ci vogliono troppi anni per cambiare le cose. E' complesso
gestire un'opposizione politica, succede anche qui in Italia,
no?". Intorno persone di tutto il mondo gridano "non siamo solo
braccia al lavoro". Mohammed racconta così la sua decisione di
lasciare il paese: "Cercavo qualcosa, qualcosa di diverso. A Roma
dovevo lavorare per l'ambasciata, ma avevo troppi problemi con la
lingua, non mi piaceva stare con le mani in mano e dopo tre mesi
sono andato a Brescia per fare l'operaio". E così Mohammed inizia
la vita da immigrato vero e proprio, a 36 anni. Cosa significhi
"inserirsi nel mondo lavorativo" è un lungo racconto che dura da
piazza Esdra a piazza Vittorio, venti minuti circa. "Allora,
trovo un datore di lavoro e mi dice: vai a fare il libretto di
lavoro. Vado in ufficio e mi dicono: deve venire qui il tuo
datore di lavoro. Ho perso tre mesi con questa burocrazia e
pensavo: o è matto il mio padrone, o sono matti all'ufficio
oppure sono matto io. Quando riesco a sbloccare le cose per il
libretto di lavoro mi dicono: eh, ma ci vuole la residenza. E
pensa un po', c'erano dei marocchini che vendevano il libretto di
lavoro a 3 milioni e la residenza a 2 milioni. Perché le cose
bisogna dirle tutte, non fare l'ideologia degli immigrati tutti
buoni, bisogna ragionare sul sistema. Siccome in Italia cercano
di rendere impossibile la vita allo straniero, che però nel
frattempo lavora, è ovvio che qualcuno cerchi di guadagnarci
soldi. E' la stessa cosa per la casa. Impossibile da trovare
perché gli italiani non le affittano agli stranieri, allora ci
sono quelli che riescono a ottenere un contratto e poi
subaffittano a altri stranieri. Non è bello ma è normale. E' dura
la vita, mi aspettavo di meglio in Italia".
Mentre il serpentone di persone guadagna la vista di Santa Maria
Maggiore, dall'altra parte della piazza si vede la coda del
corteo: "Ma siamo proprio tanti, è bellissimo. Quanti stranieri
ci sono, è importante". Scendere in piazza per protestare è una
scelta vera e propria per chi fa il "mestiere del migrante"
spiega Mohammed: "Ora lavoro con un'agenzia interinale, dove ci
fanno un contratto settimanale. Un vero stress. Comunque si
lavora. Però dall'ultima fabbrica sono stato cacciato dopo il 24
novembre, giorno della manifestazione a Brescia. Distribuivo
volantini, e questo non è piaciuto al padrone". La gente si
assiepa sui marciapiedi per vedere scorrere la manifestazione:
"Più cous cous meno polenta" dice un cartello. "E così adesso mi
trovo nei guai, perché il permesso di soggiorno è scaduto proprio
a dicembre. Ho fatto una lunga battaglia contro il padrone e alla
fine mi ha concesso un contratto di una settimana. Spero che
basti per farmi rinnovare questo benedetto permesso. Ma pensa un
po', se passa la nuova legge sono già clandestino e non lo so".
"La Bossi-Fini non passerà" c'è scritto a caratteri cubitali su
uno striscione. "La destra ha la maggioranza in parlamento - dice
Mohammed - Ma dopo questa manifestazione ci penseranno due
volte".
In via dei Fori imperiali il semaforo è ironicamente rosso; la
folla si appropria del boulevard romano con pacifica
determinazione. Con Mohammed ci godiamo lo spettacolo tra
sigarette offerte a vicenda. "Secondo me tutta questa gente ha
capito benissimo che il disegno di legge non è solo contro gli
immigrati, ma anche contro gli italiani - riflette Mohammed - è
tutta una stessa tattica: l'abolizione dell'articolo 18 nel
lavoro, la riforma della scuola, la guerra in Afghanistan".
Scoraggiato? "Queste cose, laggiù nel terzo mondo, le abbiamo
capite da parecchio. Il mondo è diviso tra nord e sud, c'è chi
decide le cose e chi, semplicemente, non può neanche dire no. Ma
abbiamo una buona carta da giocare, e è quella della protesta.
Protestare contro le categorie che ci appiccicano addosso: io
sono marocchino, tu sei italiana, io sono musulmano, tu sei
cattolica e scemenze del genere. Dobbiamo dire che ci sentiamo
uguali, in qualsiasi parte del mondo. Ma dobbiamo anche capire
come sta l'altra parte del mondo, e sta male. Mai perdere di
vista quello che succede fuori dai confini dell'Europa e degli
Stati uniti. Dobbiamo batterci perché anche laggiù ci sia un
mondo migliore".
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