20 Gennaio 2002
 
 
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Dal Marocco a piazza Esedra
"Sto rinnovando il permesso, ma magari sono già clandestino e non lo so". La fatica di vivere da immigrato raccontata da Mohammed. In Italia non solo per fare l'operaio
CINZIA GUBBINI - ROMA

Laureato e operaio, in Italia sfacciatamente "per fare politica", marocchino catapultato a Brescia solo da un anno, Mohammed. E' dalla sua voce coperta dai fischietti assordanti venduti a "un euro", in un lungo viaggio a piedi in compagnia di una comitiva agguerrita, che ascoltiamo cosa vuol dire essere migrante; catapultati noi dall'altra parte.
Berretto calato sugli occhi, lunga giacca di velluto e pelliccia "se mi incontri per strada magari pensi che sono uno spacciatore". Effettivamente Mohammed non ha una fisionomia rassicurante "e invece pensa un po' sono laureato in letteratura e giurisprudenza". Mohammed ha perso il treno, è arrivato in ritardo. Il corteo contro il ddl Bossi-Fini già trabocca da piazza Esedra. "Roma la conosco bene, abitavo a Fregene vicino al mare. Tre mesi bellissimi".
Mohammed festeggia un anno da quando ha ottenuto dall'ambasciata del Marocco un visto per "inserimento lavorativo". "Mi ero proprio stufato del Marocco - racconta - per tanto tempo sono stato un militante, ora il mio partito è entrato nel governo. Ma so che ci vogliono troppi anni per cambiare le cose. E' complesso gestire un'opposizione politica, succede anche qui in Italia, no?". Intorno persone di tutto il mondo gridano "non siamo solo braccia al lavoro". Mohammed racconta così la sua decisione di lasciare il paese: "Cercavo qualcosa, qualcosa di diverso. A Roma dovevo lavorare per l'ambasciata, ma avevo troppi problemi con la lingua, non mi piaceva stare con le mani in mano e dopo tre mesi sono andato a Brescia per fare l'operaio". E così Mohammed inizia la vita da immigrato vero e proprio, a 36 anni. Cosa significhi "inserirsi nel mondo lavorativo" è un lungo racconto che dura da piazza Esdra a piazza Vittorio, venti minuti circa. "Allora, trovo un datore di lavoro e mi dice: vai a fare il libretto di lavoro. Vado in ufficio e mi dicono: deve venire qui il tuo datore di lavoro. Ho perso tre mesi con questa burocrazia e pensavo: o è matto il mio padrone, o sono matti all'ufficio oppure sono matto io. Quando riesco a sbloccare le cose per il libretto di lavoro mi dicono: eh, ma ci vuole la residenza. E pensa un po', c'erano dei marocchini che vendevano il libretto di lavoro a 3 milioni e la residenza a 2 milioni. Perché le cose bisogna dirle tutte, non fare l'ideologia degli immigrati tutti buoni, bisogna ragionare sul sistema. Siccome in Italia cercano di rendere impossibile la vita allo straniero, che però nel frattempo lavora, è ovvio che qualcuno cerchi di guadagnarci soldi. E' la stessa cosa per la casa. Impossibile da trovare perché gli italiani non le affittano agli stranieri, allora ci sono quelli che riescono a ottenere un contratto e poi subaffittano a altri stranieri. Non è bello ma è normale. E' dura la vita, mi aspettavo di meglio in Italia".
Mentre il serpentone di persone guadagna la vista di Santa Maria Maggiore, dall'altra parte della piazza si vede la coda del corteo: "Ma siamo proprio tanti, è bellissimo. Quanti stranieri ci sono, è importante". Scendere in piazza per protestare è una scelta vera e propria per chi fa il "mestiere del migrante" spiega Mohammed: "Ora lavoro con un'agenzia interinale, dove ci fanno un contratto settimanale. Un vero stress. Comunque si lavora. Però dall'ultima fabbrica sono stato cacciato dopo il 24 novembre, giorno della manifestazione a Brescia. Distribuivo volantini, e questo non è piaciuto al padrone". La gente si assiepa sui marciapiedi per vedere scorrere la manifestazione: "Più cous cous meno polenta" dice un cartello. "E così adesso mi trovo nei guai, perché il permesso di soggiorno è scaduto proprio a dicembre. Ho fatto una lunga battaglia contro il padrone e alla fine mi ha concesso un contratto di una settimana. Spero che basti per farmi rinnovare questo benedetto permesso. Ma pensa un po', se passa la nuova legge sono già clandestino e non lo so". "La Bossi-Fini non passerà" c'è scritto a caratteri cubitali su uno striscione. "La destra ha la maggioranza in parlamento - dice Mohammed - Ma dopo questa manifestazione ci penseranno due volte".
In via dei Fori imperiali il semaforo è ironicamente rosso; la folla si appropria del boulevard romano con pacifica determinazione. Con Mohammed ci godiamo lo spettacolo tra sigarette offerte a vicenda. "Secondo me tutta questa gente ha capito benissimo che il disegno di legge non è solo contro gli immigrati, ma anche contro gli italiani - riflette Mohammed - è tutta una stessa tattica: l'abolizione dell'articolo 18 nel lavoro, la riforma della scuola, la guerra in Afghanistan". Scoraggiato? "Queste cose, laggiù nel terzo mondo, le abbiamo capite da parecchio. Il mondo è diviso tra nord e sud, c'è chi decide le cose e chi, semplicemente, non può neanche dire no. Ma abbiamo una buona carta da giocare, e è quella della protesta. Protestare contro le categorie che ci appiccicano addosso: io sono marocchino, tu sei italiana, io sono musulmano, tu sei cattolica e scemenze del genere. Dobbiamo dire che ci sentiamo uguali, in qualsiasi parte del mondo. Ma dobbiamo anche capire come sta l'altra parte del mondo, e sta male. Mai perdere di vista quello che succede fuori dai confini dell'Europa e degli Stati uniti. Dobbiamo batterci perché anche laggiù ci sia un mondo migliore".

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