da "Il Manifesto"

04 Maggio 2001

Statali di tutto il mondo

Il caso Il signor Rehhal Oudghough, marocchino di Genova, non era stato ammesso a un concorso perché né italiano né europeo

LIVIO QUAGLIATA - ROMA

" Vogliamo un Papa nero" cantavano anni fa i Pitura Freska, ma tanto per cominciare non sarebbe male avere anche in Italia un insegnante nero, oppure un tranviere giallo o - perché no? - un poliziotto, un magistrato, un bidello blu, verde o marroncino. Da oggi è teoricamente possibile, nel senso che una sentenza di un tribunale ha finalmente ben interpretato e dunque correttamente applicato una legge già esistente nel nostro ordinamento. La sentenza - emessa dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria - molto semplicemente dice questo: un cittadino extracomunitario può partecipare a un concorso pubblico per l'assunzione in un ente pubblico. Più precisamente: per essere ammesso al concorso il cittadino non europeo dovrà possedere tutti i requisiti necessari (titoli di studio richiesti e permesso di soggiorno valido) ma - ed è questa la novità - tra i requisiti necessari non c'è quello della cittadinanza italiana. Dicitura che, nonostante la legge, continua a far bella mostra nei bandi per concorsi pubblici. Come ogni storia anche questa ha un nome. Rehhal Oudghough è un signore marocchino di 33 anni che nel novembre del 1999 presenta domanda di ammissione al concorso pubblico per 1 posto di infermiere professionale presso l'Ente Opere Pie Riunite Devoto Marini Sivori di Genova. Rehhal è sì infermiere professionale, titolo acquisito in Italia, ed ha un regolare permesso di soggiorno. Ma non è né cittadino italiano né di un Paese della Ue, ragioni sufficienti, secondo l'Ente, per non essere ammesso al concorso. Rehhal, grazie anche al sostegno legale e economico offertogli dall'associazione Città aperta di Genova, si rivolge quindi all'avvocato Roberto Faure che impugna davanti al Tar della Liguria la decisione dell'istituto ospedaliero. Questa si basava sul Dpr 487 del 1994 che all'articolo 2 prevede che siano ammessi a concorsi pubblici per l'assunzione in un ente pubblico solo i cittadini italiani o di un altro paese della Ue. Secondo il Tar ligure, però, "questa norma regolamentare potrebbe ritenersi implicitamente abrogata da norme successive intervenute a disciplinare la posizione giuridica dello straniero". La norma successiva - che ha permesso al Tar di accogliere il ricorso presentato dall'avvocato Faure e annullare così il provvedimento dell'ente pubblico - è il decreto legislativo 286 del 1998 (Testo unico sugli stranieri). Questo, all'articolo 2 comma 2, prevede che "lo straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale gode in materia civile degli stessi diritti riconosciuti al cittadino italiano", mentre al comma 3 aggiunge: "ai lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale è riconosciuta parità di trattamento e piena eguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani". A questo punto il Tar tira le somme. Da una parte "è evidente la finalità del legislatore di assicurare ai lavoratori stranieri lo stesso trattamento riservato a quelli italiani". Dall'altra "il limitare tale astratta possibilità solo nei confronti dei datori di lavoro privati risulta essere illogico per violazione del principio di eguaglianza, nonché in aperto contrasto con l'evoluzione normativa in materia di privatizzazione del rapporto di pubblico impiego". Insomma, sostiene il Tar ligure, non si capisce perché un extracomunitario possa essere assunto da un privato e non - via concorso - da una pubblica amministrazione ormai regolata da una legge (la numero 29 del '93) di natura privatistica. "Questa sentenza ha sancito un principio profondamente innovativo - ci dice soddisfatto l'avvocato Faure - gli stranieri extracomunitari possono diventare dipendenti pubblici come gli italiani. Avremo poliziotti, bidelli, infermieri, insegnanti e tranvieri neri. E dato che ovviamente questi avranno comunque bisogno di conseguire gli stessi titoli di studio conseguiti dagli italiani, molti immigrati avranno motivo di studiare in Italia. Che io sappia a tutt'oggi sono assai pochi gli stranieri extracomunitari assunti nella pubblica amministrazione". Generalmente si tratta di cittadini italiani, ancorché neri, oppure di cittadini extracomunitari iscritti nelle liste di collocamento a cui (a particolari condizioni) la pubblica amministrazione può attingere. Naturalmente felicissimo anche Rehhal Oudghough. Aveva conseguito in Italia, nel '93, il titolo di infermiere professionale: "A quell'epoca c'era bisogno di infermieri, così lo Stato aprì a tutti, anche ai non italiani, i bandi di concorso con incentivi di 500 mila lire al mese. Dopo tre anni di corso lavorai per un anno in un ospedale di Genova, poi per altri 7 ho lavorato invece nel privato. Nel '99 mi ero deciso a presentare 3 domande di ammissione per altrettanti bandi in enti pubblici, tutti respinti con la stessa motivazione: non ero italiano. Sui moduli c'era sempre la stessa frase, lo stesso requisito: "è cittadino italiano o di altro Paese della Unione europea". Ora, dopo questa sentenza, farò domande per concorsi pubblici ovunque. E le farò col cuore tranquillo".